martedì 16 settembre 2014

il tempo è vita

"il tempo è vita" leggerlo come pubblicità per l'accademia vattelappesca per il recupero degli anni scolastici, mi fa pensare.
anche ad altro.
anche a come tutto sia vita. anche le cose che non ci piacciono. perché il tempo, quello no, non lo possiamo cambiare.
imparare nuove direzioni. smettere di fare come il Bianconiglio. e stare sulle cose con la velocità giusta, con lo sguardo sereno di chi ha in mano cose importanti. come la propria vita. come il proprio tempo.
perché che il tempo sia vita è innegabile. e innegabile anche che come lo si sviluppa è frutto di una storia personale, di prassi arcaiche e rivisitate, di ormoni che girano nel nostro corpo, di geografie e culture in cui siamo immersi.


nell'ascoltare un discorso sulla meditazione thapas mi è rimasto impressa l'immagine dei giorni relativizzati al corso intero di una vita. che cos'è un giorno? che cos'è un'ora? 
nulla.
eppure, anche quel momento è la nostra vita.

e quando, per lavoro, la nostra vita incrocia la vita di altri, la dimensione del tempo si fa ancora più importante e sottile: la cura, l'ascolto, la condivisione di azioni hanno bisogno di tempo. 
di tempo per costruire le relazioni, di costruire i significati, di aprire nuove prospettive.


il lavoro educativo a volte non se lo chiede ma chi incontriamo ci pone sempre davanti la quesitone del tempo.
e come i servizi lo gestiscono, come le persone lo organizzano incide sul tempo altrui. e se il tempo è vita, incide sulle vite altrui.

per questo, spesso, l'urgenza è in azione e la riflessione, tanto cara a me (e non solo) rimane sullo sfondo.
lo scrivere, il prendersi questo tempo per formulare pensieri e tracciarli in modo comprensibile ad altri, a volte diventa talmente secondario da scomparire.
il lavoro di comunicazione sul web che ha regole e vincoli, possibilità e rischi, spesso non viene neanche visto.
ed io che pure ne riconosco il valore, fatico.
perché do la precedenza all'organizzazione di un pre e post scuola per tutti quei genitori  di bambini dell'infanzia e delle elementari che ne hanno bisogno, di uno spazio compiti per i ragazzi delle scuole medie, di un evento che stiamo organizzando con l'attivissima partecipazione di un gruppo di giovani (e verrà una bomba, per dirlo come lo dicono loro ;-).
ma trovare 15 minuti ora per depositare questo pensiero è già un passo in avanti, che se no, neanche io me lo ricorderò tra qualche settimana. e nel perdere questo pensiero, perderei l'apprendimento che si, è così, ma non potrebbe essere diversamente?


giovedì 28 agosto 2014

#pensodunquebloggodue - 3 post


Arrivati alla conclusione di questa prima tranche di BloggingDay, i bloggers del gruppo Snodi Pedagogici scriveranno e pubblicheranno una serie di articoli, sui propri blog, inerenti ai blogging day già pubblicati:
Una sorta di conclusione su quanto è emerso fino ad oggi grazie ai vostri contributi, per rileggere assieme a voi i passaggi fondamentali, provando a dare delle risposte ma anche porre e porsi nuove domande, in vista dell'antologia che verrà pubblicata ad autunno e il cui ricavato andrà in beneficenza alla "Locanda dei Girasoli" di Roma.
Gli articoli verranno pubblicati sui diversi social con ‪#‎Pensodunquebloggodue‬ e raccolti sul sito di Snodi Pedagogici



#Pensodunquebloggodue - 3 post

Quest'estate ho preso alcune scatole di colori per mio figlio: un monito a colorare i pomeriggi e le giornate dell'autunno e dell'inverno che promettono di essere molto grigie, qui in pianura.
Scatole di colori più o meno sfumati e variegati, acquarelli e tempere, fogli colorati per i ritagli, cartoncini dai mille colori, pasta da modellare. Tre quaderni senza righe ne quadretti e tre tele non molto grandi su cui provare a sperimentarsi in quel gioco magico che è il lasciare traccia di sé attraverso il colore: raccontarsi tracciando segni.

Segni come quelli lasciati digitalmente dai tre ospiti di questo blog per i tre blogging day appena passati. Tre temi, tre autori, molte più tinte e colori a mostrare le sfumature possibili che l'educazione porta con sé, inevitabilmente.
C'è dell'oro e dell'argento nelle parole di Gloria Vanni; c'è del rosso, del porpora, dell'arancio in quelle di Emanuele Driol; ci sono gli estremi del bianco e del nero in quello di Federica Vergani.
Estremi, colori saturi e cangianti che si incontrano e si mischiano per dar vita a disegni che parlano di relazioni perchè
 "Dopo ogni incontro, a me piace pensare di lasciare qualcosa che sia in grado di compensare, almeno in parte, quello che ho preso o mi è stato dato"  Emanuele Driol - Amare l'Incontro.
Lasciare il segno è dunque necessario. Lasciare traccia di ciò che è stato permette di rintracciarlo, riprenderlo, comprenderlo nuovamente per poterlo, anche volendo, ridisegnare: significa farne tesoro. solo così è possibile

credere che dal nero, accostando il bianco, si possano trovare delle sfumature altre, diverse, nuove riflessività che non si appiattiscano in semantiche non generative e accudenti dei bisogni educativi riconosciuti e da rispettare nell’altro.
Un invito dunque a lasciare che ciò che si pratica in campo educativo su pagine bianche o colorate, fisiche o digitali: il proprio segno, leggero a matita, deciso come un'acrilico, a seconda delle situazioni.
Perché tingere di colore sia un nuovo parlare di ciò che si insegna ed impara provando ad affrontare amore, bellezza e difficoltà come temi di un'educazione quotidiana che possa risaltare nel grigiore dell'inverno in pianura.

Perché a volte, l'impressione è che anche in educazione si faccia fatica ad emergere da uno stato quotidiano e dato per scontato come il cielo di Milano da novembre in poi. Trovarsi a tingere ed ad intingere il pennello, a scegliere un colore nell'astuccio, permette invece di ridare senso e respiro a ciò che tendiamo a dare per assodato e che siccome c'è, non merita d'essere visto e mostrato.
I Blogging Day hanno avuto anche questo come possibilità: quello di mostrare lungo 8 mesi, tinte diverse di un'educazione consapevole che si agisce valorizzando tutte le sfumature e i colori netti e definiti che, leggendo le parole di Salvatore Natoli pubblicate in un post da Animazione Sociale
"La dimensione etica, nella nostra pratica quotidiana, è avere dentro di sé l'istanza dell'altro, non sentirsi mai separati, assoluti, perché questo condurrebbe a un delirio di onnipotenza. Se io non interiorizzo l'altro in me, se non mi sento parte, inevitabilmente mi sento tutto, e quindi, anche senza volerlo, divento distruttivo. La relazione di alterità è la dimensione fondamentale dell'etica. E allora la domanda etica è: qual è la giusta relazione con l'altro?"
mi fa pensare che i colori possono rappresentare la dimensione che aiuta quel definire la giusta relazione con l'altro in modo meno etichettato ma più "libero": libero di sfumarsi, di essere saturo, di essere un colore primario o uno secondario o terziario, di essere un colore originale nato da quell'incontro, da quella relazione intenzionale che permette (o può permettere) ai soggetti in questione di crescere.



Qui trovi gli altri contributi

I Blog Partecipanti:

La Bottega della Pedagogista di Vania Rigoni
Ponti e Derive di Monica Cristina Massola
Nessi Pedagogici di Manuela Fedeli
E di Educazione di Anna Gatti assieme a un guest post di Alessia Zucchelli, collaboratrice del blog
Bivio Pedagogico di Christian Sarno
Trafantasiapensieroazione di Monica D'Alessandro Pozzi
Labirinti Pedagogici di Alessandro Curti
In Dialogo di Elisa Benzi
Il Piccolo Doge di Sylvia Baldessari


#PENSODUNQUEBLOGGODUE - EDUCAZIONE FA RIMA CON..


Arrivati alla conclusione di questa prima tranche di BloggingDay, i blogger del gruppo Snodi Pedagogici scriveranno e pubblicheranno una serie di articoli, sui propri blog, inerenti ai blogging day già pubblicati:
Una sorta di conclusione su quanto è emerso fino ad oggi grazie ai vostri contributi, per rileggere assieme a voi i passaggi fondamentali, provando a dare delle risposte ma anche porre e porsi nuove domande, in vista dell'antologia che verrà pubblicata ad autunno e il cui ricavato andrà in beneficenza alla "Locanda dei Girasoli" di Roma.
Gli articoli verranno pubblicati sui diversi social con ‪#‎Pensodunquebloggodue‬ e raccolti sul sito di Snodi Pedagogici



#Pensodunquebloggodue - 
EDUCAZIONE FA RIMA CON..


Un viaggiatore sa e riconosce il valore della sosta..sa come questa permetta la possibilità di prendere consapevolezza delle ricchezze raccolte in viaggio, sa che la sosta consente di "indossare nuove vesti" drappeggiate di pensieri, ricordi, incontri, riflessioni e racconti che permetteranno di proseguire verso le prossime tappe.


(...) Sempre devi avere in mente Itaca -
raggiungerla sia il pensiero costante. 
soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni e che da vecchio
metta piede sull'isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato un bel viaggio
senza di lei mai ti saresti messo 
in viaggio:che cos'altro ti aspetti?
E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

             C.P. Cavafys

Anche  Snodi Pedagogici riconosce questo momento e il suo valore; che si traduce nel tentativo di restituirvi parte dell'esperienza che avete contribuito a costruire attraverso la partecipazione ai tre blogging day

durante i quali è stato possibile sfiorare alcuni degli ambiti con cui l'educazione si interconnette..Perché una cosa è certa: l'educazione e la pedagogia, occupandosi di relazione e di crescita, di cultura e di Persone, permeano ogni ambito che ci riguarda e oggi, nel mondo contemporaneo caratterizzato da mille capillari risvolti e possibilità, da strade e ricorsi, la superficie sfaccettata che le caratterizza ne è moltiplicata, raggiungendo una dimensione che possiamo definire Molteplice.

"Caratterizzato da varietà di forme, aspetti, qualità" (dizionario Hoepli.it)

..Molteplici sono le occasioni che potenzialmente si incontrano, 
molteplici le esperienze che vivo e che posso incontrare nell'altro,
molteplici ancora le possibilità di reazione e risposta-azione,
molteplici le storie che posso comporre.
Molteplici quindi, anche gli ambiti con i quali l'educazione si interfaccia.


..e in ciò il web che c'entra? ..e i Bloggingday?

La rete, mezzo principe, oggi, di viaggi ed incontri, permette di incrociare una pluralità di sguardi, di incontrare  mondi altrui, di essere partecipi di un bagaglio più ampio di esperienze, che posso poi ricucire perché calzino con la mia storia o perché mi consentano di narrarle a chi possa immaginare, per sé, possibili storie.
Parlare e leggere di educazione nel web dunque mi consente di accedere a questa sfera semplice e insieme complessa, in una parola molteplice, che è l'esperienza umana; questo nei termini di storia personale ma soprattutto, come educatrice, nei termini di storie trasmesse e immaginate a più mani, storie altrui di cui essere testimoni provando a fare da specchio perché abbiano la possibilità di prendere coscienza di se stesse. 

Storie, grazie a questo molteplice bagaglio, in cui riuscire a tratteggiare potenzialità di crescita e di apprendimento reciproco.


In questa direzione #pensodunquebloggodue vuole essere una occasione per individuare alcune coordinate da fissare, snodi che insieme abbiamo tracciato in questi mesi di Bloggingday e che è interessante mettere in evidenza, per come ci hanno colpito, per comporre bagagli di viaggio..

..Così Andrea Capella, ospite di IN Dialogo per  #EducazionEamore, mi fa pensare alla povertà della realtà italiana rispetto alla riflessione educativa, pedagogica ma soprattutto politica ed istituzionale, su sessualità e disagio; questa tematica, nonostante alcuni passi (vedi in disegno di legge recente sull'assistenza sessuale) resta in italia un tabù ancora da superare.
Dalle parole coraggiose di Andrea rammento l'importanza di distinguere l'etica dalla morale; questo per poter guardare una situazione dalla 'giusta' distanza, quella che mi permette di vedere l'altro -nn troppo vicino o troppo lontano- come Persona nella sua complessità di bisogni, sapendo che, nell'accompagnarla, la storia principale rimane la Sua e io, come educatore, posso e devo stare nella delicatezza di mostrare rotte e di immaginare vie, così come tematizzare la sfera affettiva contribuendo a riempire una esperienza di significato.
(per approfondire l'argomento con storie reali vi segnalo www.loveability.it)


..mentre Rita Totti, ospite di Nessi Pedagogici per #educazionEbellezza, mi riporta alla  società dell'immagine che viviamo; alla centralità del Bello, con tutto il carico di importanza che viene affidata a questa dimensione, oggi, soprattutto nel costruire una identità e come spesso la stessa venga calpestata, distorta, abusata.
Con Rita condivido la riflessione di quanto sia importante che i ragazzi abbiano qualche coordinata in merito, accompagnandoli ad educarsi al Bello tramite l'arte e la natura.


..e ancora Federica Vergani, ospite di E di Educazione per # PedagogicAlert, che  ci tratteggia  l' ambivalenza tanto del nero quanto del bianco e le differenti sfaccettature e punti di vista che il mondo educativo abita.
Esiste un valore nell' alzare bandiera bianca, nel lasciare una posizione? 

Ha valore riconoscere i propri limiti professionali?
Sicuramente l' autoconsapevolezza del limite possiede valore: riconoscere che dove non arrivo io possa arrivare l'altro.
Quando la fatica di stare non è più sostenibile, allora è utile lasciare perchè la storia che contribuisco a costruire e che non mi appartiene, possa trovare altre prospettive. Questo contributo mi rammenta la forza e l'onestà intellettuale dell'educatore che sente e riconosce di aver già fatto la sua parte, di non poterci arrivare oltre lì. 
La responsabilità educativa si palesa anche in questo: il saper lasciare perché altri vedano strade nuove e ancora possibili.



Il viaggio del Bday sta per terminare e qui voglio lasciare alcune parole come un brainstorming di ciò che che per me ha significato:
Ospitalità,  Comunicazione, Pluralità, Narrazione condivisa, Costruzione di saperi..

..sono solo alcune e in ordine sparso. In fondo se qualcuno mi chiedesse con cosa fa rima educazione, risponderei che mi chiedo, piuttosto, con cosa non faccia rima. 

Un grazie gigante a tutti i colleghi di Snodi Pedagogici e a tutti coloro che con noi credono nel progetto portandovi il loro contributo.


Qui trovi gli altri contributi


I Blog Partecipanti:

La Bottega della Pedagogista di Vania Rigoni
Ponti e Derive di Monica Cristina Massola
Nessi Pedagogici di Manuela Fedeli
E di Educazione di Anna Gatti assieme a un guest post di Alessia Zucchelli, collaboratrice del blog
Bivio Pedagogico di Christian Sarno
Trafantasiapensieroazione di Monica D'Alessandro Pozzi
Labirinti Pedagogici di Alessandro Curti
In Dialogo di Elisa Benzi
Il Piccolo Doge di Sylvia Baldessari

giovedì 21 agosto 2014

IDENTITA' FUNAMBOLICHE: #SELFIE E RICERCA DI IDENTITA'



Picasso, Marie Therese nell'arcobaleno, 1939 



Mi capita spesso, quando apro l'applicazione WhatsApp dallo smartphone, di dare un'occhiata, così scorrendo, all'elenco dei profili dei contatti e, proprio mentre sono lì, vedere cambiare le immagini che rappresentano i contatti..scompare la vecchia per lasciare il posto ad una nuova e molto spesso più recente immagine che, sebbene in piccolo, raffigura lo stato di una persona o meglio, ciò che sinteticamente e visivamente, la persona vuole raccontare di sé in quel momento. 

Non nascondo di rimanere affascinata da questa dissolvenza: mentre osservo uno dei social più utilizzati di questi tempi, WhatsApp, nelle cui chat -sempre più multimediali- i ragazzi ultimamente si rifugiano, l'altro ha deciso di cambiare ciò che lo rappresenta.

Il concetto e il processo di cambiamento ha sempre catturato la mia curiosità ed interesse..cambiare, trasformare, non smettere di ricercare, hanno una potenza generativa che mi entusiasma sempre. 
Cambiamento che qui si coniuga con ciò che comunichiamo di noi agli altri, ovvero come vorremmo che gli altri ci vedano, la nostra immagine, la nostra identità o parte di essa.

Cambiamento come ricerca di identità..
Nella società liquida e complessa, all'individuo viene chiesto di agire e di esporsi costantemente in prima persona per costruire la propria singola esistenza. Senza più restrizioni ma anche senza le tradizionali griglie interpretative e di orientamento della società, fenomeno definito processo di individualizzazione (U. Beck),  il lavoro personale sull'identità sembra non essere più un presupposto su cui costruire obiettivi e raggiungere compiti di sviluppo e crescita, ma diventa meta esso stesso.
Viviamo un contesto caratterizzato da una continua riformulazione del presente, una realtà che necessita di continue ri-significazioni del presente, una continua ridefinizione dell'identità e dei propri percorsi (Z. Bauman).

Più degli adulti sono gli adolescenti e i giovani, ancora nel pieno della costruzione identitaria, i soggetti in cui questo cambiamento si manifesta chiaramente.

Questo aspetto lo ritrovo nel mio essere spettatore.. selfie singoli, in gruppo, immagini divertenti e giocose, oppure pose serie quasi da set, sorrisi impostati, messaggi d'amore o vignette, anche se più spesso sono loro: i ragazzi si espongono direttamente.
Allora seguo le tracce di chi si mostra in mille pose da modella, di chi si ritrae con i bambini seguiti al cre e poi con le amiche in vacanza; di chi comunica con la fidanzata frasi d'amore o facendole dono di immagini di sé sempre brillanti; di chi riesce a staccarsi dall'immagine patinata dell' idolo amato per pubblicare immagini di se stessa prima e, qualche giorno dopo, la propria -finalmente reale- storia d'amore..

..Cosa sono questi, se non tentativi di raccontarsi qui ed ora, di comunicare il loro presente, di rivedersi nello scatto di quell'istante e negli occhi dei destinatari di queste immagini?

I #selfie che oggi riempiono le bacheche, i profili e le memorie dei dispositivi mobili, si possono configurare come fenomeno legato alla necessità di costruire e trasformare costantemente l'identità: sono modelli utili -e in certe forme anche rischiosi- per la ricerca identitaria a cui siamo costretti, in una società che chiede di essere sempre attore e spettatore, simultaneamente. Utili a rivedermi, a ricevere feedback dall'altro, a comunicare uno stato presente.

E ancora, più degli adulti i ragazzi sanno di vivere UN presente, senza l'illusione che questo possa rimanere invariato nel tempo; al contrario, hanno la sapienza agita, molto adattiva a mio avviso, che di racconti di sé dovranno costruirne di diversi, in un'epoca caratterizzata da trasformazioni e soventi cambi di rotta.

.. Così seguo, anche attraverso questa modalità, le loro storie..o meglio, quello che a loro va di raccontare di sé. Convinta che oggi sia una via efficace per incontrarli.

Perché tutto questo? Per essere testimone.. per poter -nell'incontro- e come la mia professione vuole, restituire loro quello che la loro immagine mi ha comunicato e trasmesso.

giovedì 7 agosto 2014

perché scrivere di Educazione?


Esistono storie che non riescono ad essere viste perché si chiudono nella relazione tra educatore e utente, tra Maria e Nadia, tra un adulto che sa che cosa sta facendo ed un utente che ha bisogno di quel sapere che trasforma un gesto in cura, che trasforma un azione casuale in un pensiero e lo inserisce in un progetto.
ma spesso il sapere si ferma in quell'azione, in quel gesto.
il sapere studiato, conosciuto  e pensato, il sapere di un gesto che cura, che si occupa di altri riesce a connettere situazione e bisogni differenti e a trovare nuovi modi per far stare bene le persone che abitano quel contesto, quella casa, quel territorio, quella scuola.

Il sapere educativo che parla di come da un pensiero e da un progetto scritto si riescano a realizzare buone pratiche educative che siano azioni dirette con l'utenza o buone pratiche di coordinamento di un'équipe, di pensiero ed innovazione attorno ad un determinato fuoco, oggetto intenzionale, mandato della committenza, è pane quotidiano nei servizi educativi che incrocio.
Le buone prassi educative e il sapere pedagogico sono importanti per la società perché è la parte professionale che si cura delle persone: è la declinazione pratica dei servizi che hanno come mandato il creare contesti per una crescita favorevole dei soggetti della società.

eppure, tutto ciò fatica ad essere mostrato da chi se ne occupa alla società.
esistono relazioni alla committenza, relazioni per il tribunale che segue il minore, incontri con le famiglie dell'utente e via dicendo. 
manca a mio avviso il "ritorno" alla società che sui servizi investe. perché i servizi sono pagati con contributi pubblici, per la maggior parte, almeno.

per me si apre dunque una sfida (come mi ha rimandato Michaela Matichecchia): narrare sul web, trovando luoghi e tempi, modi e parole è un'opportunità perché il sapere di ciò che si insegna e si impara diventi un bene collettivo, della comunità, della società?
è possibile narrare ciò che gli educatori e i pedagogisti immettono con le loro pratiche quotidiane al "servizio" della comunità? è possibile mostrare ciò che gli utenti dei servizi apprendono e insegnano a loro volta?

secondo me si. 
è uno sforzo, sicuramente, perché non si è abituati, non si è neppure formati per farlo.
ma credo che la posta in gioco sia alta perché mancando sul web. e se non ci si è, si rischia di rimanere impigliati nella relazione diretta del servizio.
il web non è il mondo, d'accordo, ma è una finestra. e se una casa non ha finestre, e neppure porte, è una costruzione inutile.

il web è, a mio avviso, una possibilità "a bassa soglia" per potersi mostrare e per poter dar valore, attraverso la narrazione, alle tante storie di cura che abitano la nostra società, mettendo in luce un sapere che fa fatica ad arrivare nei testi, nei saggi, nelle aule universitarie, nella vita della gente.
ma se penso al fine ultimo della pedagogia 
Pedagogia= pedos- persona in crescita (formativa, non solo anagrafica/bambino) e agoghé- azione (non discorso, da logos, come spesso si confonde). La pedagogia è dunque, letteralmente la scienza dell'azione di/con una persona in crescita formativa, in educazione appunto.  cit. Manuela Fedeli
non possiamo toglierci, fare un passo indietro: occuparsi delle persone in crescita significa occuparci del futuro nostro e delle nostra comunità. e dire che lo facciamo e come lo facciamo è necessario per poter progredire come individui e come società. e farlo sul web è una delle possibilità.
volete tirarvi indietro?

venerdì 18 luglio 2014

#PEDAGOGICALERT - BANDIERA BIANCA

Il tema lanciato a luglio da Snodi Pedagogici è: #PEDAGOGICALERT

"Quali sono le zone oscure dell’educazione?

Quali elementi ci sono nell’educazione e nella pedagogia che, se non vengono valutati, portano l'azione educativa ad essere “pericolosa” per chi educa e ch è educato? 
Chi sono i cattivi maestri?
Oppure la pedagogia può come disciplina, citando Marguerite Yourcenar, saper guardare nel buio con disobbedienza, ottimismo e avventatezza e scoprire strade inusitate?"



Buona lettura



#PEDAGOGICALERT - BANDIERA BIANCA
di Federica Vergani

“X”: è un ragazzino è una storia che ho incontrato e da parecchi anni ogni tanto penso. 
Poteva essere allontanato dalla sua famiglia, ma dopo una storia di affido familiare, concluso (per alcuni “fallito”), ritorna a casa e verrà seguito per diversi anni da educatori che nella sua vita si avvicenderanno ed in qualche modo cercheranno di instaurare e vivere relazioni educative per aiutarlo a “costruirsi una buona storia”, come direbbe Laura Formenti.
“X” ha dovuto conoscere 4 educatori, che a turno non sono riusciti a trovare un senso “educativo o altro” al proprio lavoro e hanno richiesto un cambio operatore, un avvicendamento con un altro operatore dell’equipe educativa.
E’ stato espulso da scuola. In alcuni anni non ha potuto partecipare all’oratorio feriale, “perché non era il caso, date le esperienze degli anni precedenti”, così rispondevano gli animatori ed i parroci  dei paesi limitrofi. Sì perché gli educatori progettavano e pensavano interventi anche in contesti oltre il suo paese, pur di inserirlo con dei coetanei e toglierlo dalla strada. 
Partecipava al centro di aggregazione giovanile con riserva, solo se accompagnato da una figura adulta che potesse seguirlo individualmente. Partecipava poco tempo poi non ne voleva sapere di  stare anche al CAG. 
Per alcuni servizi, questo tipo di intervento educativo era, o forse è ancora,  di “riduzione del danno” (un intervento educativo con un ragazzino può essere anche così semanticamente pensato?).

“Y” è un bambino che incontra il padre nel servizio di spazio neutro da diversi anni, forse sette, e che non riesce ad incontrarlo se non accompagnato dalla madre, la quale deve rimanere e presenziare a tutto l’incontro.  Alcuni hanno sostenuto “questo è il loro legame” e si continuerà in spazio neutro fino ai 18 anni del bambino.
Nessuna passione, desiderio comune fra padre e figlio ha permesso nuove possibilità al loro legame. Nessun cambiamento strategico, educativo, attento, sfrontato, irreverente, graduale ha promosso negli anni che padre e figlio si incontrassero in un modo differente, seppur gli operatori agli inizi erano convinti che con il tempo gli incontri protetti potevano essere una fase, un transito, un servizio di supporto per del tempo.

Ecco qui, “x” ed “y”, non sono delle funzioni matematiche, ma delle storie e delle persone che ho conosciuto indirettamente, che mi hanno interrogato ininterrottamente poiché sono storie in cui gli operatori hanno alzato “bandiera bianca”. 
Storie di pensieri educativi iatrogeni, in cui il nero si confondeva con tinte grigie dalle narrazioni degli educatori, i quali dopo diverso tempo lasciavano, chiedevano che nuove risorse e pensieri prendessero il loro posto e dicevano “non posso continuare” ed hanno scelto di alzare bandiera bianca. 
Sono storie raccontate in supervisione, che hanno richiesto alle équipe sempre più competenze e pensieri riflessivi. 
In queste storie, e non funzioni, come in matematica le variabili sono molte e magari non tutte riconosciute ed analizzate; il dominio di ogni funzione può avere infinite variabili, ma in questi esempi vi è stata una costante: differenti educatori hanno alzato bandiera bianca.
Ecco qui quello che per me è considerato il nero: quell’impasse pedagogico in cui le storie saturate dai problemi non vedono nuove narrazioni, possibilità e si richiudono in copioni che nessun nuovo educatore riesce a ri-animare. Più professionisti di un’equipe si siedono per tentare di scrivere  il nuovo dove invece i protagonisti si impegnano e sforzano a rimanere nel loro presente. Vi sono in gioco differenti, molteplici livelli che spesso hanno accompagnato queste storie: potere – contropotere dell’educazione, cosa è funzionale a quel sistema che continua imperterrito nel suo copione, che i servizi invece vorrebbero cambiare… ed altro …
Ma in quel bianco in quella bandiera issata io intravedo ancora pedagogia. 
A chi vuole essere mostrato quel bianco? Al ragazzino? Al contesto? Alla loro famiglia? Ai loro legami? Alla propria professionalità? All’equipe? Ad altre equipe? Al supervisore? 

Perché in un nero pedagogico si accosta un bianco? Per me ecco che quella bandiera issata è un’ammissione da parte dell’educatore di speranza, di possibilità e accostamento di nuove visioni che potrebbero nascere in un nuovo cambiamento, per ora quello dell’operatore che in quel sistema e in quella storia vede ancora tinte e sfumature, nonostante anni di interventi educativi che non sono falliti, a mio avviso, ma hanno anche bisogno di nuovo e altro. 
Queste non sono storie di professionisti che potrebbero essere definiti in “born out”, questo non è un invito a cambiare frequentemente educatore nei servizi di Assistenza domiciliare o Spazio neutro, è un elogio al bianco. A pensare che vi sia possibilità e speranza dove crediamo che vi sia un bisogno, poiché lo leggiamo ancora in quel contesto per quel minore, quella famiglia o quel legame.
 È un credere che dal nero, accostando il bianco, si possano trovare delle sfumature altre, diverse, nuove riflessività che non si appiattiscano in semantiche non generative e accudenti dei bisogni educativi riconosciuti e da rispettare nell’altro.
Quel bianco è “àncora” e “ancòra”. 
E’ un cambiamento, è quel continuo interrogare che da anni mi accompagna…. È e sono la mia bandiera bianca.








Federica Vergani. Educatrice di spazio neutro e assistenza domiciliare per anni, ora pedagogista in una Scuola dell’Infanzia. Osservo il mondo intorno come un mondo di storie e narrazioni, da leggere e contemplare. 
ogni tanto la trovate su Facebook  






Tutti i contributi verranno divulgati dai blogger di Snodi Pedagogicicondivisi e commentati sui diversi social e raccolti a questo link (link dal sito di snodi)

I blog che partecipano
Il Piccolo Doge di Sylvia Baldessari
Ponti e Derive di Monica Cristina Massola
Nessi Pedagogici di Manuela Fedeli
E di Educazione di Anna Gatti
La Bottega della Pedagogista di Vania Rigoni
In Dialogo di Elisa Benzi
Bivio Pedagogico di Christian Sarno
Labirinti Pedagogici di Alessandro Curti
Tra Fantasia Pensiero Azione di Monica D'Alessandro Pozzi
blogging day fanno parte di un progetto culturale organizzato e promosso da Snodi Pedagogici.

Questo avrà termine con l'estate e sfocerà in un'antologia dei contributi che verrà pubblicata sotto forma di ebook, il cui ricavato andrà in beneficenza alla Locanda dei Girasoli (link del loro sito)



Una volta finito il percorso di pubblicazione online, vari autori che hanno preso parte ai BDay, verranno contattati dalla redazione.

lunedì 14 luglio 2014

prassi teoria prassi e il web


Lavorando da tanti anni nella cooperazione sociale ciò che percepisco come molto evidente è la difficoltà di riuscire a raccontare ciò che si fa.
Progetti bellissimi, risultati ottimi, sperimentazioni originali e molto interessanti. 
Tutto però rimane nel patrimonio di chi c’è: degli utenti e degli operatori, al massimo dell’organizzazione da cui nasce. Difficilmente il mondo attorno sa ciò che si sta facendo.

Si da spesso colpa al tempo che manca, alle risorse insufficienti per il pensiero che accompagna la pratica.
Senza pensiero però il binomio circolare “prassi-teoria-prassi” che permette di partire da un progetto ideale, attivare delle pratiche e poi valutare i risultati per poter riprogettare e modificare, implementare, migliorare la pratica, va un po’ a pallino.
Non dappertutto è così chiaramente.

Quella che invece è, in modo desolato, abbandonata da tutti è la comunicazione sul web degli apprendimenti, dei risultati, dei processi in corso nei servizi e nelle organizzazioni.
Non c’è traccia.

Sapendo quanto il web sta occupando la nostra vita quotidiana, quanto ci permette di imparare del mondo, quanto incide sul nostro modo di vedere il mondo, i servizi sociali ed educativi rischiano di rimanere solo aderenti ad un azione, ad un servizio che “serve”, alla concretezza di mani che sostengono, della pazienza che accompagna, della condivisione che supporta.
Un servizio educativo, e a maggior ragione le organizzazioni che se ne occupano, ha invece il compito di produrre pensiero e sapere attorno a ciò che fa.

Credo che il bisogno di essere dunque visibile sul web sia necessario.
e fattibile.

Di storie da raccontare ce ne sono tantissime.
Di sapere educativo e pedagogico, anche.
Serve fonderle con il linguaggio e con i luoghi del web per poterlo rendere nuovamente fruibile, pubblico e generativo. 


venerdì 13 giugno 2014

#educazionEbellezza di Gloria Vanni


l tema lanciato a giugno da Snodi Pedagogici è: #educazionEbellezza


"Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace.

Quale posto ha l'educazione al Bello nella nostra vita? Come siamo stati formati e come vogliamo formare i nostri ragazzi alla bellezza? Non è semplice educare a un concetto così soggettivo, ma è necessario, specialmente in un'epoca in cui, si dice, tutto è soggettivo e più nulla ha valore assoluto"

Buona lettura.




#educazioneEbellezza di Gloria Vanni

Credo che apprezzare il bello sia imprescindibile come conoscere italiano e storia, rispetto e gratitudine.

Sono figlia di una generazione che non ha avuto tempo di trasmettere la bellezza andando per musei. Mi è stato però insegnato il bello delle piccole cose di ogni giorno. Il resto l’ho incontrato per caso, appreso per determinazione, fatto mio per forza di volontà.

Ho cercato di trasmettere a mia figlia il bello di un’opera d’arte e quello dei gesti, della natura e di una carezza donati senza aspettarsi nulla in cambio. Non è facile in un’epoca liquida e cangiante come la nostra.

Proprio perché oggi tutto è più soggettivo, essere in grado di raccogliere, affinare, praticare la propria bellezza è #sostenibilità, inspensabile per se stessi e per gli altri.











GLORIA VANNI
Giornalista, blogger, inviato di vita. Come giornalista ho viaggiato tra sapori e tradizioni della Terra. Come blogger ho risposto alla chiamata della sostenibilità. Ho ideato un progetto, Less Is Sexy, che inizia con un blog www.lessissexy.com dove condividiamo sostenibilità su misura: personale, sociale, globale, ambientale, eccellenze italiane sostenibili.




I blogging day fanno parte di un progetto culturale organizzato e promosso da Snodi Pedagogici.

Questo avrà termine con l'estate e sfocerà in un'antologia dei contributi che verrà pubblicata sotto forma di ebook, il cui ricavato andrà in beneficenza alla "Locanda dei Girasoli" (http://www.lalocandadeigirasoli.it/ )

Una volta finito il percorso di pubblicazione online, vari autori che hanno preso parte ai BDay, verranno contattati dalla redazione

Blog partecipanti

lunedì 12 maggio 2014

#educazionEamore - Amare l'incontro

Il tema del mese di maggio lanciato da Snodi Pedagogici  è #educazionEamore

"L’educazione all’amore come dimensione particolare dell’incontro (umano e tra esseri viventi), alla sessualità, all’affettività, alla passione, intesa non solo come eros ma più etimologicamente come provare un forte “sentire” per qualcosa o qualcuno.
Come educare e come educarsi all'amore, in tutte le sue sfaccettature..."

Buona lettura.







#educazionEamore 
Amare l’incontro per incontrare l’Amore.
di Emanuele Driol
Credo di avere un problema. Credo di essere un ninfomane relazionale e vorrei fare l’amore con tutti quelli che incontro: maschi, femmine, alti e bassi, grassi o magri, neri, gialli, verdi, cattolici, mussulmani, ebrei, valdesi… Vi dirò, più sono diversi da me e più la cosa mi intriga. Posso sperimentare nuovi approcci, nuove tecniche di seduzione, nuove esperienze; sempre spinto dall’amore verso l’altro, con la volontà di conoscerlo, imparare e insegnare. E’ grave? Sono un perverso? Io non credo. 
Vedo grandi similitudini tra l’incontro e il fare l’amore; bisogna saper ascoltare sé stessi e l’altro per poter decidere di comune accordo tempi, ritmi e intensità del rapporto. Per capire quando  iniziare e quando è giusto finire senza risultare molesti o, peggio ancora, violenti. A me, ad esempio, non piacciono gli incontri banali, quegli scambi di battute sul tempo fatti in ascensore o in quei luoghi dove “non si può proprio evitare” altrimenti sembri maleducato. Perché costringermi ad incontrarti? Perché non si può fare a meno? Se pensate alla metafora fatta prima, in cui paragonavo l’incontro al fare l’amore, questa costrizione a cosa potrei paragonarla? Ad una violenza sessuale? Oppure ad una “sveltina”? Come quando si dice si abbia solo voglio di “svuotare” i propri genitali, in ascensore si ha solo voglia di dare fiato alla bocca? 
Non so e non credo neanche sia questo il problema perché ognuno, in fondo, ha il suo modo di amare e di incontrare l’altro. L’importante è che sia una metodologia condivisa e non imposta, perché allora sì che diventa violenza e porta con sé un vissuto di rifiuto verso la relazione e verso l’ascolto. Il rischio è quello di trasformarci sempre di più in stupratori relazionali seriali, che girano per la città alla ricerca di vittime per soddisfare i propri bisogni con macchiavellica intenzionalità. Pronti a sfruttare il proprio ruolo, specie se di potere, o qualsiasi cosa possa portare a compimento il proprio bisogno di eiaculare parole a vanvera e poco importa se chi sta dall’altra parte non si diverte o non prova piacere. Queste modalità mi parlano di persone che incontrano l’altro per relazionarsi al proprio bisogno, che dopo uno scambio relazionale si fumano una sigaretta e abbandonano la scena lasciandola più vuota di quando l’hanno attraversata.  
Dopo ogni incontro, a me piace pensare di lasciare qualcosa che sia in grado di compensare, almeno in parte, quello che ho preso o mi è stato dato: perché l’amore alla fine è uno scambio! Di fluidi se parliamo di sessualità, di significati se parliamo di relazione; in entrambi i casi ci deve essere la volontà di condividere un’esperienza per renderla educativa e quindi capace di creare cultura intorno all’amore. Bisogna avere coraggio, rischiare anche di soffrire; solo con questa spinta si può aspirare a raggiungere l’orgasmo relazionale, altrimenti siamo condannati ad accontentarci di rapporti occasionali all’interno dei quali perderci. La paura, infatti, porta a nascondersi nell’ombra aspettando il momento opportuno per la caccia alla vittima più debole. 
“..Innamoratevi!Dilapidate la gioia, sperperate l’allegria. Siate tristi e taciturni con l’esuberanza. Fate soffiare in faccia alla gente la felicità.Per trasmettere la felicità, bisogna essere felici e per trasmettere il dolore bisogna essere felici. Siate felici. E come si fa ad essere felici? Dovete patire, stare male, soffrire.Non abbiate paura a soffrire. Tutto il mondo soffre…” 
(R.Benigni – dal film “La tigre e la neve”)


Il rischio della sofferenza dona importanza e valore all’amore stesso, non bisogna aver paura dell’incontro. L’incontro non si pensa, l’incontro è come l’amore: si fa! Se si deve fare male, però, meglio evitare altrimenti almeno uno dei partecipanti potrebbe restare deluso. E se quell’uno fossi tu? 





EMANUELE DRIOL
 Quasi 36 anni spesi ad osservare il mondo e le sue genti, convinto dell'importanza dell'interazione umana come strumento di crescita,  tanto da farne il mio lavoro. Insomma: mi occupo di Educazione, come professionista e come uomo, perché mi piace e perché credo serva.



Tutti i contributi verranno divulgati dai blogger di Snodi Pedagogici, condivisi e commentati sui diversi social e raccolti in questo link (link del bd dal sito di Snodi pedagogici)
I blog che partecipano:



I blogging day fanno parte di un progetto culturale organizzato e promosso da Snodi Pedagogici.
Questo avrà termine con l'estate 2014 e sfocerà in un'antologia dei contributi che verrà pubblicata sotto forma di ebook