martedì 21 novembre 2017

ritrovamenti

non me ne ricordavo neanche più e invece stasera mi salta fuori un bel progetto di cui ho curato l'ideazione, la realizzazione e la comunicazione (seppur semplice).

si chiamava "LIBRI CON LE ALI - sono libri che hanno aperto le loro pagine per poter volare da un luogo all'altro portando con se culture, immagini e racconti che arrivano da ogni parte del mondo"

http://libriconleali.blogspot.it

potere della rete e del dominio free

mercoledì 9 agosto 2017

BaM Bambini in Martesana

Bambini in Martesana raccoglie gli appuntamenti riservati ai più piccoli e ai loro genitori nella zona della Martesana e dintorni (provincia di Milano) promuovendo e sostenendo la diffusione di genitorialità consapevole.


Bambini in Martesana è un progetto di rete che vuole rendere possibile la trasformazione di una rete digitale in una rete concreta, fisica fatta di incontri e conoscenze con al centro le famiglie.

Partendo dai bambini e dai loro bisogni, BaM vuole creare occasioni di incontro per le famiglie intere e per i genitori che si interessano del mondo per provare ad offrire possibilità ai propri figli sia di passare del tempo insieme ad altri che a fare esperienze importanti per la crescita.

Bambini in Martesana è ad oggi una pagina Facebook che coinvolge 1600 genitori e raccoglie le iniziative della zona promosso da Associazione Metas.
Abbiamo organizzato un incontro per genitori e bambini il 9 luglio 2017 a Inzago (Mi) proponendo uno spazio di sperimentazione con materiale semplice in cui i bambini da 6 mesi a 10 anni hanno costruito, esplorato, curiosato, imparato...; i genitori in quell'occasione hanno potuto giocare con loro oppure rimanere a chiacchierare nel parco in cui è stata realizzata l'iniziativa.
Alla manifestazione hanno partecipato un numero indefinito di bambini e genitori che quella sera partecipavano alla Festa della Magnolia che si svolgeva nel parco omonimo.
BaM sta inoltre partecipando ad iniziative di gruppi di genitori sul territorio.


Necessità del lavoro sociale oggi #2

Il 28 aprile 2017 a Milano ho portato come contributo alla Notte del Lavoro Narrato la necessità di andare oltre la dicotomia di #profit e #noprofit quando si parla di #terzosettore:

occorre trovare nuove strade sostenibili, anche economicamente perché se non è più sostenibile che il Terzo Settore sia esclusivamente noprofit: 
è necessario trovare soluzioni che non tolgano la centralità dell'uomo nei contesti lavorativi come accade (o dovrebbe accadere) nella cooperazione sociale e dell'associazionismo ma che siano economicamente solide.
Dove ne ho parlato?
La Notte del Lavoro Narrato che abbiamo organizzato come Associazione Metas in collaborazione con Trae Italia a Milano: nel pomeriggio abbiamo coinvolto colleghi che hanno portato esperienze di Lavoro Ben Fatto in ambito educativo mentre la sera abbiamo cercato esperienze di medicamento tra profit e no profit che tenessero la dimensione dell'uomo al centro del proprio lavoro.

In questa sede sono state presentate esperienze di lavoro sociale sostenibile dove l'intervento pubblico e privato si incontrano. Nell'ebook che potete scaricare qui trovate tutte queste storie. Buona lettura!
Grazie a Zero5 Laboratorio di Utopie Metropolitane per lo spazio e a tutti i relatori intervenuti: Roberto Salvato, Vania Rigoni, Massimiliano Pensa, Paola Lancetti, Vincenzo Russo, Marco Muzzi, Manuela Fedeli e Riccardo Cesco, Davide Locastro, Christian Uccellatore, Alessandro Donadio, Cristina Crippa con la conduzione di Monica Cristina Massola.
e grazie a Vincenzo Moretti che ha ideato l'iniziativa diffusa su tutto il territorio nazionale (con qualche puntata all'estero) giunta alla 4° edizione.
#lavoronarrato

martedì 2 maggio 2017

Necessità del lavoro sociale oggi #1


Milano - 28 aprile 2017
Venerdì pomeriggio ho realizzato un breve intervento sulla necessità per le organizzazioni e i servizi educativi e sociali di mostrare la qualità del lavoro svolto pena la svalutazione del lavoro stesso (e il depennamento dei servizi dai conti delle amministrazioni locali e non) #comunicarEducazione.

Mostrare il valore del lavoro sociale e il sapere che le organizzazioni hanno accumulato e prodotto attorno alla gestione dei servizi, alla cura dei territori e delle persone è necessario per un #lavorobenfatto :
  • per restituire al territorio il patrimonio economico investito dagli enti locali che finanziano buona parte dei servizi;
  • per fare cultura di buone prassi e stimolare un pensiero attento nei confronti di chi si rivolge ai servizi;
  • per mostrare il valore del lavoro professionale quotidiano che parte da studi teorici e ricerche d'innovazione e si traduce in benessere per le persone;
  • per permettere di rendere visibile il sapere prodotto dalle organizzazioni del Terzo Settore attorno alla gestione cooperativa ed associativa con cui si può gestire il lavoro mettendo l'uomo al centro.
Dove ne ho parlato?
La Notte del Lavoro Narrato che abbiamo organizzato come Associazione Metas in collaborazione con Trae Italia a Milano: nel pomeriggio abbiamo coinvolto colleghi che hanno portato esperienze di Lavoro Ben Fatto in ambito educativo.
Grazie a Zero5 Laboratorio di Utopie Metropolitane per lo spazio e a tutti i relatori intervenuti: Roberto Salvato, Vania Rigoni, Massimiliano Pensa, Paola Lancetti, Vincenzo Russo, Marco Muzzi, Manuela Fedeli e Riccardo Cesco, Davide Locastro, Christian Uccellatore, Alessandro Donadio, Cristina Crippa con la conduzione di Monica Cristina Massola.
e grazie a Vincenzo Moretti che ha ideato l'iniziativa diffusa su tutto il territorio nazionale (con qualche puntata all'estero) giunta alla 4° edizione.
#lavoronarrato

martedì 11 aprile 2017

Bibliografia - Educatori e Web - una tesi sulle possibilità di diffondere cultura pedagogica online

Condivido sperando possa essere utile la bibliografia e sitografia che ho utilizzato per la tesi EDUCATORI E WEB - possibilità di fare rete per la diffusione della cultura pedagogica online discussa il 28 marzo 2017 presso l'Università degli Studi di Bergamo per il conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze Pedagogiche

Bibliografia
  • AAVV, Educatori adulti, esperti di che cosa?, Animazione Sociale, XLIV n°1, 2016
  • Rudy Bandiera, Rischi ed opportunità del web 3.0, Dario Flaccovio, Palermo, 2014
  • (A cura di) Federico Batini e Simone Giusti, Le storie siamo noi. Non studio non lavoro non guardo la tv, Quaderno di lavoro V convegno biennale sull’orientamento narrativo, Pensa Multimedia, Lecce, 2015
  • Zygmund Bauman, Vita liquida, Laterza, Roma-Bari, 2005
  • Pietro Bertolini e Letizia Caronia, Ragazzi difficili. Pedagogia interpretativa e linee di intervento, La nuova Italia, Milano, 1998
  • Giovanni Boccia Artieri, Stati di connessione. Pubblici, cittadini consumatori nella (Social) Network Society, FrancoAngeli, Milano, 2012
  • Antonio Calvani, Manuale di tecnologia dell’educazione, ETS, Pisa, 2004
  • Antonio Calvani, Rete, comunità e conoscenza. Costruire e gestire dinamiche collaborative, Erickson, Trento, 2005
  • Laura Corazza, Internet e la società conoscitiva. Cyberdemocrazia e sfide educative, Erickson, Trento, 2008
  • Alessandro Curti, Padri imperfetti, C1V, Roma, 2013
  • Luca de Biase, Homo pluralis. Essere umani nell'era tecnologica, Codice, Torino, 2015
  • Piero Dominici, Dentro la società interconnessa. Prospettive etiche per un nuovo ecosistema della comunicazione, Franco Angeli, Milano, 2014
  • Emile Durkheim, La divisione del lavoro sociale, Edizioni di comunità, Milano, 1989
  • Massimo Faggioli, Tecnologie per la didattica, Apogeo, Milano, 2010
  • Anna Gatti, Adulti Educazione e Web, Educare03, 1, 2015 
  • Anna Gatti, Scelte, Educare03, 6, 2016
  • Chiara Giaccardi, La comunicazione interculturale, cap. Comunicazione Mediata, Il Mulino, Bologna, 2005
  • Stefano Laffi, La congiura contro i giovani. Crisi degli adulti e riscatto delle nuove generazioni, Giangiacomo Feltrinelli, Milano, 2014
  • Matteo Lancini, Adolescenti Navigati. Come sostenere la crescita dei nativi digitali, Erickson, Trento, 2015
  • Marco Lazzari, Marcella Jacono Quanrantino, Identità, fragilità e aspettative nelle reti sociali degli adolescenti, Bergamo University Press, Bergamo, 2015
  • Riccardo Massa, Le tecniche e i corpi. Verso una scienza dell’educazione, Unicopli, Milano, 1986
  • Fabio Metitieri, Il grande inganno del Web 2.0, Laterza, Bari - Roma, 2009
  • (a cura di) Vincenzo Moretti, Il coltello e la rete per un uso civico delle tecnologie digitali, Ediesse, Roma, 2015
  • Stefano Moriggi, Gianluca Nicoletti, Perché la tecnologia ci rende umani. La carne nelle sue riscritture sintetiche e digitali, Sironi, Milano, 2009
  • Edgar Morin, Il metodo. La natura della natura, Cortina, Milano, 2001
  • Telmo Pievani, Homo sapiens. Il cammino dell’umanità, De Agostini, Novara, 2012
  • Matteo Piselli, Inbox, Wired, 08, 2010
  • Lee Rainie, Barry Wellman, Networked, il nuovo sistema operativo sociale,  Guerini Scientifica, Milano, 2012
  • Maria Ranieri, Stefania Manca, I social network nell’educazione, Erickson, Trento, 2013
  • Francesco Remotti, L’ossessione identitaria, Laterza, Bari-Roma, 2010
  • Pier Cesare Rivoltella, Costruttivismo e pragmatica della comunicazione on line. Didattica e socialità in Internet, Erickson, Trento, 2003
  • (A cura di) Rosa Ronzio e Maria Teresa Rossi, Il labirinto dei destini incrociati, D.O.C. s.c.s., Torino, 2014
  • Igor Salomone, Il setting pedagogico, Carocci, Roma, 1997
  • Richard Sennett, Insieme. Rituali, piaceri, politiche della collaborazione,  Giangiacomo Feltrinelli, Milano, 2012
  • Clay Shirky, Uno per uno, tutti per tutti. Il potere di organizzare senza organizzazione, Codice, Torino, 2008
  • Luca Toschi, La comunicazione generativa, Apogeo, Santarcangelo di Romagna (RN), 2011
  • Sergio Tramma, Legalità, illegalità. Il confine pedagogico, Laterza, Roma-Bari, 2012
  • Paul Watzlawick, J. H. Beavin, D. D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi, delle patologie e dei paradossi, Astrolabio Ubaldini, Roma, 1971
  • David Weinberg , La stanza intelligente, Codice, Torino, 2012

Sitografia


martedì 31 gennaio 2017

Snodi impolverati

Dovrei scrivere ben altro, ma e lo sapevo bene, a questo punto mi viene da fermarmi.
se scrivessi a mano avrei la penna sospesa, aprirei altri quaderni per ritrovare le tracce di percorsi importanti.
c'è stato un tempo, tre anni fa, in cui ero nel pieno di un percorso di condivisione e di costruzione di rete sul web. Un momento intenso, un movimento vorticoso, in cui abbiamo macinato pensieri e scambi, intrecciato rapporti e sgomitato. Abbiamo fatto una fatica pazzesca con un progetto ambizioso tanto quanto necessario e contemporaneo: abbiamo parlato di educazione e l'abbiamo fatto collaborando via web in dieci persone di base, altre 50 autrici di post nel corso di 8 mesi. 6 blogging day, 2 appuntamenti speciali.
quanti messaggi. quante serate passate a parlare online via chat.
quanti scazzi. quante soddisfazioni.
quanta energia e quanta produzione culturale.

un percorso che a guardarlo da qui, dal tempo in cui scrivo una tesi su educatori e web, è stato intensissimo e interessante.

abbiamo creato un movimento che ancora, ad oggi, nessuno ha più replicato. nessuno almeno nel "nostro" settore.
e. sti cazzi.
era Snodi Pedagogici

grazie, comunque sia andata, a: Christian Sarno, Alessandro Curti, Sylvia Baldessari, Monica Cristina Massola, Manuela Fedeli, Vania Rigoni, Alessia Zucchelli, Elisa Benzi, Monica D'Alessandro Pozzi.

martedì 1 novembre 2016

di metodi, di approcci e di scuola


Continuo ad appuntare post inerenti ai diversi modelli pedagogici delle scuole italiane.
perché?

la mia è un tentativo di tendere un filo rosso tra le esperienze delle tante scuole che si propongono e di cui si parla.

poi, l'altro giorno mi trovo nella scuola primaria di mio figlio alla riunione genitori. un altro mondo (e lo so bene) rispetto all'infanzia. Se già la disposizione dello spazio dice molto, la presentazione degli insegnanti sottolinea il cambio. Mi chiedo ad un certo punto perché ci stiano spiegando qual'è il loro metodo didattico così nello specifico. Mi chiedo perché secondo gli insegnanti sia importante spiegare come insegnano quello che insegnano in classe. 
Nella mia testa i collegamenti sono alle linee ministeriali, ma queste non vengono citate.

allora il dubbio che covavo in me e che stasera è emerso grazie ad una chiacchierata sotto un post con Vania Rigoni de La Bottega della Pedagogista di Firenze, diventa una domanda che trascende "il metodo" che viene scelto da quella o dall'altra insegnante.

La domanda che mi è venuta nel raccogliere tutto il materiale è: perché le scuole con un metodo definito stanno prendendo così piede? perché diventano così ambite? e perché diventa ambito avere un metodo con un nome e cognome?

Di mio mi sono data due (tentativi di) risposte:

1. è forse perché sono chiare sia a chi le deve applicare (insegnanti) sia a chi le vede di riflesso tra le pieghe dei quaderni, dei libri e dei racconti dei bambini (ovvero per i genitori)? c'è un libro che spiega il metodo, da le coordinate entro cui si muove, il pensiero pedagogico che sottende la pratica e spesso, anche una spiegazione della pratica. 
2. che sia anche fomentata da una semplificazione che aiuta gli insegnanti? L'applicazione di un metodo non richiede necessariamente di rivedere l'approccio pedagogico. Chi pensa ed "inventa" un metodo, utilizza chiavi di analisi e di progettazione pedagogica raffinate ma chi lo applica non necessariamente deve arrivare ad analisi di questo livello. Insegnare un metodo però non equivale ad insegnare un approccio, un modo di pensare all'educazione, in questo caso, nel contesto scuola. 

ma insegnare un metodo è molto più "facile" che inserire un cambiamento nel modo in cui ci si pone come insegnanti nei confronti degli alunni e del loro apprendimento. Cambiare approccio pedagogico chiede analisi, cura, sperimentazione perché i primi a cambiare devono essere gli adulti chiamati (professionalmente) a farlo. chiede di mettersi in discussione. chiede di seguire una linea, ma di capire che il confine non è relegato in una traccia, ma è un campo aperto in cui doversi strutturare, destrutturare, ristrutturare quotidianamente.

Queste due sono le risposte che ho trovato e Vania ne ha già individuata un'altra: secondo lei "è un business sociale, un modo per nascondersi dietro una base di assenza di formazione vera pedagogica - filosofica - sociologia e antropologica che dovrebbero fornire le università che formano i docenti."

Le prime due risposte hanno però due problemini secondo me, due derive diciamo noi in ambito pedagogico:
1. ogni insegnante è a se, ogni classe è a se, (esagero) ogni bambino è a se. un metodo può dare un'indicazione di un percorso, ma forzare che tutto - dall'insegnante a tutti i bambini della classe - debbano seguire la retta via e allo stesso passo, riduce qualsiasi tentativo di innovazione della scuola italiana in un atto coercitivo. e, allo stesso tempo, richiede una fatica, uno sforzo da parte del docente che mi chiedo se ne valga la pena.

2. insegnare un metodo è molto più "facile" che inserire un cambiamento nel modo in cui ci si pone come insegnanti nei confronti degli alunni e del loro apprendimento. Cambiare approccio pedagogico chiede analisi, cura, sperimentazione perché i primi a cambiare devono essere gli adulti chiamati (professionalmente) a farlo ovvero gli insegnanti. Chiede di studiare in modo approfondito qualcosa di nuovo, di mettersi in discussione. chiede di seguire una linea, ma di capire che il confine non è relegato in una traccia, ma è un campo aperto in cui doversi strutturare, destrutturare, ristrutturare quotidianamente. anche qui non una strada facile.

La risposta di Vania mi porta invece su un piano di immagine della scuola dove accaparrarsi qualche studente in più ha un suo valore perché incide sul piano economico. il problema è che se poi lo sbandiero ma non ho il personale convinto e formato sul metodo, la facciata regge poco.

altre piste da percorrere?